mercoledì 27 agosto 2008

Come governare la transizione dall’economia della crescita all’economia solidale.

Il ciclo di seminari proposti intende aprire una riflessione sui limiti di un sistema di welfare per troppo tempo costruito su una logica di riparazione e poco attento a mettere in campo l’iniziativa personale dei “soggetto deboli”, della famiglia, della comunità in quanto risorsa.
L’attenzione va oggi spostata sulla comunità solidale, rispetto alla quale l’istituzione svolge un compito di promozione e supporto all’auto-organizzazione e all’autodeterminazione, attraverso il sostegno o la rivitalizzazione delle reti naturali di comunità, e la qualificazione degli interventi di solidarietà organizzata.
Si delinea, quindi, un programma di trasformazione progressiva degli interventi: da modalità prevalentemente sanitarie di risposta al bisogno socio-sanitario, a forme partecipate ed organiche al tessuto sociale.
La centralità della persona ed il valore dei legami di comunità sono gli assunti che sostengono queste linee d’intervento.
Si tratta di superare una logica di servizio chiuso sulla prestazione alla persona, indipendentemente dal contesto relazionale e di comunità in cui è inserita, per concepire l’idea di servizio alle fasce sociali deboli, a partire dalla relazione e dai legami con il territorio.
Per questi motivi si è pensato di proporre 3 giornate di confronto sul “nuovo welfare di comunità” per avviare un dialogo costruttivo con quanti si occupano a diverso titolo di servizi alla persona e di sviluppo territoriale integrato e sostenibile, con l’intento di contribuire a promuovere una nuova stagione del welfare.

venerdì 1 agosto 2008

"PER UN NUOVO WELFARE DI COMUNITA'"

GIORNATE DI STUDIO
5-7 NOVEMBRE 2008

PROGRAMMA

mercoledì 5 novembre 2008

ore 09.00 “Dal Welfare State al Welfare di Comunità”
Prof. LUCA FAZZI - Docente Sociologia Generale Università di Trento

giovedì 6 novembre 2008
ore 09.00 Seminario “Le fattorie sociali come nuovo strumento di inclusione sociale e modello di multifunzionalità in agricoltura”
Testimonianze e buone pratiche
Prof. ALFONSO PASCALE - Presidente Coordinamento Nazionale Fattorie Sociali
Prof. SAVERIO SENNI - Docente Università degli Studi della Tuscia (VT)

ore 15.00 Seminario “Distretti rurali di economia solidale: esperienze a confronto”
Dott. GRIZZO ALBERTO e Dott.ssa RUBINO INES - Gruppo Progettazione Interreg.
Provincia di Pordenone
coordina il prof. FRANCESCO MARANGON - Docente di Economia Ambientale e Rurale Università di Udine


venerdì 7 novembre 2008
ore 09.00 Seminario “L’economia solidale ed i beni relazionali”
Prof. BONAIUTI MAURO - Docente Università di Viterbo
Prof. SILVIO FRANCO - Docente Università di Viterbo

ore 12.00 Chiusura lavori e saluti



Partecipazione gratuita previa iscrizione

Presso Fattoria Arca, via Santa Maria n° 17
Loc. Azzanello 33087 Pasiano PN
tel. 0434-625975 fax 0434-429996

Segreteria del Convegno telefono 349-6361685email segreteria : welfcom@gmail.com

email comitato scientifico : cswelfcom@gmail.com

sabato 26 luglio 2008

I beni relazionali.Una nuova categoria nel discorso economico

I beni relazionali.Una nuova categoria nel discorso economico
di Luigino Bruni
Le relazioni non strumentali sono state, da sempre (da Smith in poi), trascurate dagli economisti, poiché considerate non interessanti quando si studiano i mercati o i fenomeni tipicamente economici, che sarebbero caratterizzati dalla logica strumentale, quindi una logica antitetica a quella delle relazioni “genuine”.Negli ultimi anni le cose stanno cambiando, e in economia sta facendo, lentamente ma decisamente, il suo ingresso il tema delle relazioni, poiché ci si è resi conto che anche nelle interazioni economiche la qualità dell’interazione intersoggettiva influenza scelte, individuali e collettive, e quindi la qualità dello sviluppo economico e civile. La parola chiave di questa attenzione per la dimensione relazionale oggi nelle scienze e prassi economiche, è il “bene relazionale”.
La categoria di “bene relazionale” è stata introdotta nel dibattito teorico quasi contemporaneamente da quattro autori, la filosofa Martha Nussbaum (nel 1986), il sociologo Pierpaolo Donati (sempre nel 1986), e gli economisti Benedetto Gui (1987) e Carole Uhlaner (1989).Ogni autore ha una sua propria definizione di bene relazionale. Ciò che distingue l’approccio economico ai beni relazionali è chiamare beni quelle dimensioni delle relazionali che non possono essere né prodotte né consumate da un solo individuo, perché dipendono dalle modalità delle interazioni con gli altri e possono essere goduti solo se condivisi nella reciprocità.In sintesi, per Gui e Uhlaner i beni relazionali non coincidono con la relazione stessa: l’amicizia non è definibile un bene relazionale, ma un’interazione ripetuta, una serie di incontri e di stati affettivi, di cui il bene relazionale è solo una componente. Tuttavia, in tutte le definizioni che attualmente abbiamo di bene relazionale la dimensione della reciprocità è dunque fondativa. Infine, nei beni relazionali il “perché”, la motivazione che muove l’altro, è un elemento essenziale (come già ricordava Aristotele, l’amicizia più alta che contribuisce all’eudaimonia non può essere mai strumentale, perché è una virtù. Personalmente, credo che si possano individuare alcune caratteristiche-base di un bene relazionale.
a)Identità: l’identità delle singole persone coinvolte è un ingrediente fondamentale. Infatti, i beni che si presentano negli scambi dove ognuno può offrire in maniera anonima non sono relazionali.b)Reciprocità: perché beni fatti di relazioni, essi possono essere goduti solo nella reciprocità; sono beni di reciprocità: “L’attività vicendevole, il sentimento reciproco e la mutua consapevolezza sono una parte tanto profonda dell’amore e dell’amicizia che Aristotele non è disposto ad ammettere che, una volta tolte le attività condivise e le loro forme di comunicazione, resti qualcosa degno del nome di amore o di amicizia.c)Simultaneità: a differenza dei normali beni di mercato, siano essi privati o pubblici, dove la produzione è tecnicamente e logicamente distinta dal consumo, i beni relazionali (come molti servizi alla persona) si producono e si consumano simultaneamente; il bene viene co-prodotto e co-consumato al tempo stesso dai soggetti coinvolti. Anche se la contribuzione alla produzione dell’incontro può essere asimmetrica (pensiamo all’organizzazione di una festa tra amici o alla gestione di una cooperativa sociale), nell’atto del consumo del bene relazionale non è possibile il “free rider” puro perché il bene relazionale per essere goduto richiede che si lasci coinvolgere in una relazione con le caratteristiche che stiamo elencando.d)Motivazioni: nelle relazioni di reciprocità genuine la motivazione che è dietro il comportamento è una componente essenziale. Lo stesso “incontro” – ad esempio una cena – crea anche beni relazionali o soltanto beni “standard” in base alla motivazione che muove i soggetti. Se il rapporto non è un fine ma solo un mezzo per qualcos’altro (fare affari) non possiamo parlare di beni relazionali.1e)Fatto emergente: il bene relazionale “emerge” all’interno di una relazione. Forse la categoria di “fatto emergente” coglie più della categoria economica della “produzione” la natura di un bene relazionale. Dire che si tratta di un fatto emergente mette l’accento sul fatto che il bene relazionale è un terzo che eccede i “contributi” dei soggetti coinvolti, e che in molti casi non era neanche tra le intenzioni iniziali. Ed è per questa ragione che un bene relazionale può “emergere” anche all’interno di una normale transazione di mercato, quando, ad un certo punto, e nel bel mezzo di un ordinario rapporto economico strumentale, accade qualcosa che porta i soggetti a trascendere la ragione per la quale si erano incontrati, così il bene relazionale “emerge”.2f)Bene: un altro modo sintetico per dire cosa sia un bene relazionale è insistere sul sostantivo: esso è un bene ma non è una merce (nel linguaggio di Marx), ha cioè un valore (perché soddisfa un bisogno) ma non ha un prezzo di mercato (appunto per la gratuità).
Che cosa sono, se vogliamo usare le tradizionali categorie dell’analisi economica, i beni relazionali? Che tipo di bene essi sono? L’economia contemporanea distingue i beni essenzialmente in pubblici e privati. I beni privati sono beni perfettamente escludibili (nei confronti di altri consumatori) e rivali nel consumo (se qualcuno consuma quello stesso bene con me, la mia utilità diminuisce). I beni pubblici, invece, sono beni che non possiedono queste due caratteristiche: non sono tendenzialmente né escludibili né, soprattutto, rivali nel consumo.Un bene relazionale, allora, è un bene privato o piuttosto un bene pubblico? Un bene privato non può esserlo, perché non è rivale (in un rapporto di amicizia, per esempio, la tua presenza nel rapporto non riduce affatto la mia utilità). Alcuni autori (penso a Corneo, Becchetti ed altri) hanno tentato di definirlo un bene pubblico (locale), appunto per il suo essere consumato “assieme” senza “interferenze” reciproche nel consumo.Personalmente questa soluzione non mi convince. Sono, infatti, convinto che per comprendere la peculiarità dei beni relazionali, la prima operazione da fare consiste nel liberarsi dalla tenaglia “bene pubblico-bene privato”. Finché, infatti, cerchiamo di collocare il bene relazionale tra i beni privati (come il paio di scarpe o il panino, beni “rivali” nel consumo e escludibili) o, alternativamente, tra i beni pubblici (come l’illuminazione pubblica, cioè beni non rivali e tendenzialmente non-escludibili 3) rimaniamo sempre all’interno del paradigma non-relazionale. Infatti, sia la definizione di bene privato che di bene pubblico non implicano relazioni personali tra i soggetti coinvolti: la sola differenza tra i due tipi di beni è la presenza o meno di “interferenze” nel consumo. Per questo, il consumo di bene pubblico non è altro che un consumo che individui isolati fanno indipendentemente gli uni dagli altri (pensiamo all’uso di una strada non congestionata, o a due o più persone che ammirano lo stesso quadro in un museo, senza che il consumo dell’uno interferisca con quello dell’altro) – questo è quanto implica l’ipotesi di non-rivalità. Il bene pubblico resta una faccenda individualista: soggetti non legati da un rapporto tra di loro che consumano indipendentemente un bene. Quindi, per fare un esempio, se uso l’ascensore con un collega ma durante la salita non scambiamo nessuna parola presi dalla lettura del giornale, stiamo consumando insieme un bene pubblico. Se durante la salita iniziamo a interagire, e a parlare tra di noi, in quel momento possiamo generare anche un bene relazionale (che si somma, in questo caso, al bene pubblico). In sostanza, il bene relazionale, essendo un bene di relazione, non si presta ad essere compreso da una scienza economica nata per spiegare merci, o, tutt’al più, servizi, che vengono sempre descritti come erogazioni unilaterali, o scambi. Quando e se vogliamo accostarci alla relazione, siamo costretti a tentare una rifondazione di alcune categorie economiche.4
Infine, una caratteristica sintetica dei beni relazionali è la gratuità, nel senso che il bene relazionale è tale se la relazione non è “usata” per altro, se è vissuta in quanto bene in sé, se nasce da motivazioni intrinseche. Ecco perché, come dice la filosofa Martha Nussbaum, il bene relazionale è un bene dove la relazione è il bene, una relazione che non è un incontro di interessi ma un incontro di gratuità. Il bene relazionale richiede, quindi, nei produttori-consumatori del bene, motivazioni intrinseche nei confronti di quel particolare rapporto.Si comprende subito che l’inserire i beni relazionali nelle analisi economiche produce importanti effetti in ambiti cruciali per la nostra qualità della vita: dalla misurazione della ricchezza nazionale, a quella della felicità, nel benessere soggettivo nei luoghi di lavoro, alla architettura delle città … tutti argomenti per futuri approfondimenti.Note1 Ciò non significa che in un rapporto di affari non si possa creare un autentico bene relazionale, ma, se accade, in qualche modo all’interno di un rapporto strumentale emerge qualcosa di nuovo, non riconducibile interamente o primariamente alla strumentalità.2 Penso a quando, durante una normale riunione di lavoro, arriva da casa una telefonata ad uno dei convenuti: l’incontro si interrompe, e l’interessato inizia un dialogo sui figli e su aspetti privati, non previsti all’ordine del giorno della riunione. In quei minuti i soggetti possono creare e consumare beni relazionali. Si possono immaginare casi analoghi per “mali relazionali”.3 In realtà è la non-rivalità a fare del bene un bene pubblico: la non-escludibilità è essenzialmente una faccenda tecnologica e di costi – ogni bene pubblico (prodotto) potrebbe essere, almeno in linea di principio, essere escluso a chi non ha contribuito alla sua produzione.4 Siamo come degli artisti, che avendo bisogno di uno scalpello particolare per creare una statua, non trovandolo sul mercato debbono costruire prima lo scalpello, e poi la scultura. Oggi in Italia diversi economisti stiamo lavorando alla costruzione di questo nuovo scalpello (cercando di rifondare in modo relazionale alcuni strumenti (soprattutto nell’ambito della teoria dei giochi), e in alcuni settori stiamo già iniziando a dare qualche scalpellata.Riferimenti bibliograficiBruni L. (2006), Reciprocita’. Dinamiche di cooperazione, economia e società civileBruno Mondadori, Milano.Donati, P. (1986), Introduzione alla sociologia relazionale, Angeli, Milano.Gui B. e R. Sugden (2005), “Economics and Social interactions”Cambridge University Press.Gui, B. (1987), “Eléments pour une définition d’ «économie communautaire»”Notes et Documents, 19-20, pp. 32-42.Nussbaum, M. C. (1996), La fragilità del bene: fortuna ed etica nella tragedia e nella filosofia greca (1986), Bologna, Il Mulino.Sacco P. e S. Zamagni (2006), Verso un paradigma relazionale nelle scienze socialia cura di, Il Mulino, Bologna, in stampa.Tondini G. e L. Zarri (2004), “La teoria dei giochi e il vaso di Pandora della complessità morale", in Etica ed Economia, 2004/2, pp. 173-194.Uhlaner, C. J. (1989) “Relational goods and participation: Incorporating sociability into a theory of rational action”, Public Choice, 62, pp. 253-285Zamagni S. (2005), “Gratuità e agire economico: il senso del volontariato”Working paper n. 9, Università di Forlì-Aiccon.